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Maserati Levante: primo contatto

“The Maserati of SUV s”; la definiscono così quelli del Tridente; e fanno bene…

Provo sempre una strana sensazione quando sento Harald Wester – CEO di Maserati – affermare che le auto tedesche sono fredde, indistinguibili tra loro e senz’anima; detto da un “crucco” come lui sembra quasi un assioma. Le vetture del Tridente aspirano invece ad essere “The Absolute Opposite of Ordinary”. Anche se sono stati i tedeschi i primi a dimostrare che infrangere le tradizioni, pure quelle più radicate, non solo non sposta di una virgola la percezione di un marchio ma è addirittura miracoloso per le vendite; non a caso il 75% di quelle Porsche, il brand teutonico più vicino a Maserati, è generato dalle es-iu-vi.

Da qui si comprende l’importanza strategica “del” Levante, primo Suv del Tridente, con cui la casa italiana punta a vendere circa 70.000 auto nel giro di un paio di anni: il doppio di quanto totalizzato nel 2015. Qualcuno crede che una Levantina sarebbe una manna dal cielo per il brand modenese; tuttavia in Maserati non vogliono diluire l’esclusività del marchio con modelli sub-Ghibli e puntano alla redditività piuttosto che ai volumi; almeno per il momento. Inoltre, ora che la gamma della “familiari” è completa, gli sforzi di Maserati si concentreranno sulle nuove Granturismo ed Alfieri“92 minuti di applausi”, direbbe il più celebre dei ragionieri.

Dal vivo la Levante fa un’ottima impressione: è imponente ma atletica, con linee nette che ne definiscono la connotazione sportiva, specie al frontale, fortemente evocativo. Piace anche l’abitacolo, giusto mix di design, funzionalità – c’è un sistema di infotainment tutto nuovo, più veloce ed intuitivo – e ricercatezza dei materiali. Né più e né meno di quello che ci si attende da una Maserati. Tuttavia la casa madre ci tiene a precisarlo: questa auto è stata costruita soprattutto per essere bella da guidare su strada ed efficace in fuoristrada.

In realtà solo 1 cliente su 10 condurrà l’auto fuori dall’asfalto, ma all’acquirente tipico “piace sapere di poter fare dal sano off-road all’(improbabile) occorrenza”. Complessi da ricchi; si, ricchi, perché per portarsi a casa una Levante “base”, col 3.0 turbodiesel da 250 CV – una versione esclusiva per il mercato italiano che fa la pernacchia al superbollo – servono almeno 73.400 euro. Mentre se si cerca lo sprint e la magnifica sonorità del V6 biturbo benzina da 3 litri e 430 CV, allora l’assegno da staccare è di 91.350 euro. Tutto perfettamente allineato alla diretta concorrenza, che qui si chiama Porsche Cayenne. E nel cassetto i tecnici Maserati hanno già la versione V8 e quella ibrida: incerto l’arrivo della prima (la fetta delle SUV over 500 CV vale globalmente appena 12.000 pezzi l’anno), mentre la seconda dovrebbe Pacificamente arrivare nel 2018.

[rating title=”Voto” value=”8.5″ value_title=”primo contatto” layout=”left”] “La cosa impressionante del Levante è che si guida come una berlina, come una Ghibli”, confessa Alex Fiorio poche ore prima che inizi il test-drive dell’auto. Una frase che mi ronza nell’orecchio dopo un paio di curve a bordo della versione spinta dal 3.0 V6 da 430 CV; per una volta l’efficienza del cambio automatico ad 8 rapporti nello snocciolare le marce, la spinta vigorosa ed il suono esaltante del propulsore passano in secondo piano: a lasciarmi di sasso è l’accoppiata telaio-assetto. La Levante si muove agile fra le curve ed è pronta nei cambi di direzione, quasi pesasse mezza tonnellata in meno rispetto al dichiarato (che oscilla fra 2.1 e 2.2 tonnellate). Il comportamento in curva è neutro, non c’è rollio né sottosterzo ma solo una lodevole motricità.

Merito dello chassis più rigido del 20% rispetto a quello della Ghibli – in Maserati sostengono peraltro che il Levante abbia il baricentro più basso della categoria con 610 mm – ma soprattutto delle sospensioni pneumatiche con ammortizzatori Skyhook: queste ultime lavorano talmente bene che anche nelle modalità di guida più sportive l’assorbimento è eccellente nonostante i movimenti del corpo vettura siano limitati al minimo sindacale. Le Skyhook sono anche le stesse che garantiscono la doppia anima al Levante, abbassandolo di 35 mm quando si va di corsa ed alzandolo di 40 quando si decide di fare dal sano fuoristrada (angolo di attacco 22°, angolo di dosso 20°, angolo di uscita 26°, altezza massima guado di 50 cm).

Fra le curve, specie quello più strette, aiuta anche la funzione di Torque Vectoring. In un complesso così ben fatto stona leggermente lo sterzo, fin troppo “mollo” nella modalità di guida normale ed appena meglio in quella sportiva; ma in linea di massima non fa capire molto ciò che succede davanti. Buono il sistema frenante: non ha un attacco aggressivo ma è molto potente. Anche sulla diesel la spinta è più che discreta grazie ai 600 Nm di coppia motrice: il 3.0 by VM andrà anche a gasolio ma non fa affatto una brutta figura incastonato nel cofano di una Maserati.

In autostrada invece l’auto procede come fosse sospesa su un cuscino d’aria… ed infatti lo è. Si macinano chilometri in un silenzio – il Cx è di 0.31, il più basso della categoria – che è turbato solo dalla piacevole sonorità del motore, appagante anche sulla diesel, e da qualche fruscio aerodinamico proveniente dai grossi specchietti retrovisori. Sul Levante ci sono anche gli ausili elettronici di guida divenuti ormai onnipresenti, dal cruise control con radar, alla frenata di emergenza passando per il monitoraggio dell’angolo morto del retrovisore esterno ed il sistema che avvisa in caso di superamento della carreggiata.

Certo, la grafica dell’infotainment non fa gridare al miracolo (lo stereo by Bowers & Wilkins si invece), ma era ora che queste diavolerie arrivassero anche in Maserati; e saranno presto trasferite su Quattroporte e Ghibli insieme alle versioni potenziate del V6 benzina. Quest’ultimo, tantopiù nel power-step da 430 CV, è il motore con cui ogni appassionato vorrebbe fare l’amore: suona incredibilmente bene, è regolare nell’erogazione, “pieno” ad ogni regime ed allunga che è un piacere. In alcuni frangenti di guida la colonna sonora di cui è capace forse è filo troppo per un Suv di lusso; ma anche no. Francamente il 6 cilindri mette in dubbio l’esistenza stessa di un Levante V8, specie nell’odierna giungla di tutor, velox, laser e similari brutture.