Stop alle auto termiche: la Germania convince l’Europa a rivedere il bando dal 2035

La Commissione UE sembra in procinto di rivedere il bando delle auto termiche dal 2035. Pressioni dalla Germania e dai leader europei sembrano aver prodotto nuove regole su emissioni e neutralità tecnologica.

Stop alle auto termiche: la Germania convince l’Europa a rivedere il bando dal 2035
G C
Giorgio Colari
Pubblicato il 11 dic 2025

Dalla Commissione europea sembrano finalmente arrivare segnali di una svolta significativa nella strategia di transizione verso la mobilità sostenibile nel Vecchio Continente. Dopo mesi di dibattiti accesi e pressioni diplomatiche, Bruxelles ha scelto di rivedere il discusso bando 2035 e anche quello del 2040 che avrebbe imposto il divieto totale di produzione e vendita di auto termiche. Invece di una riduzione delle emissioni pari al 100%, l’obiettivo – stando a quanto riportato dalla testata Bild – è stato ora fissato a una diminuzione del 90%, lasciando aperta la possibilità di continuare a produrre motori a combustione interna oltre la soglia precedentemente stabilita. Questo nuovo indirizzo politico sembra sarà formalizzato il 16 dicembre e rappresenta un punto di equilibrio tra le esigenze ambientali e quelle industriali.

L’inversione di rotta nasce dal lavoro diplomatico guidato da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che ha trovato un punto d’intesa con il leader del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber. Decisivo è stato anche il ruolo del cancelliere tedesco Friedrich Merz, il quale si è fatto portavoce delle istanze dell’industria automobilistica, coinvolgendo altri capi di Stato come la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni e il primo ministro polacco Donald Tusk. Una lettera congiunta, sottoscritta da diversi Stati membri, ha consolidato un fronte comune in favore di una transizione più graduale.

Al centro della trattativa, la Germania ha rivendicato la propria leadership nel settore automotive, sostenendo con forza il principio della neutralità tecnologica. Questo approccio mira a garantire la coesistenza di diverse soluzioni: dai motori termici di nuova generazione, agli ibridi, passando per i biocarburanti fino all’elettrico puro. Tale visione risponde a due priorità strategiche: da un lato la tutela dell’ambiente attraverso una progressiva riduzione delle emissioni CO2, dall’altro la salvaguardia della competitività industriale europea e dei milioni di posti di lavoro legati alla filiera dell’auto.

Le nuove regole europee impongono comunque alle case automobilistiche l’obbligo di abbattere in modo significativo le emissioni CO2 delle flotte, ma senza più vincolare il futuro del settore a un’unica tecnologia. Sarà ancora possibile immettere sul mercato veicoli con motori a combustione interna, a patto che rispettino i nuovi standard ambientali più stringenti. In questo modo, le aziende potranno pianificare investimenti e sviluppo dei prodotti senza dover rinunciare immediatamente alle tecnologie consolidate, pur accelerando la ricerca verso soluzioni più pulite.

Questa scelta, tuttavia, non è priva di critiche e genera una netta polarizzazione. Da una parte, il mondo industriale e i governi coinvolti celebrano la flessibilità normativa come una vittoria per la continuità progettuale e la protezione dell’occupazione. Le grandi Case automobilistiche potranno continuare a proporre auto termiche e ibridi avanzati, senza dover forzatamente convertire l’intera produzione all’elettrico in tempi strettissimi. Dall’altra parte, le associazioni ambientaliste lanciano l’allarme: il rallentamento della transizione rischia di compromettere gli obiettivi climatici dell’Unione europea e di prolungare la dipendenza dai combustibili fossili, ritardando la piena adozione della mobilità a zero emissioni.

L’accordo raggiunto a Bruxelles è frutto di una delicata mediazione tra esigenze industriali, pressioni geopolitiche e responsabilità ambientali. Se da un lato la neutralità tecnologica offre una maggiore libertà di scelta e tutela la competitività europea, dall’altro pone nuove sfide per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Sarà ora compito dei singoli Stati membri e delle stesse case automobilistiche interpretare al meglio le nuove direttive, investendo in innovazione e garantendo che la riduzione delle emissioni CO2 non resti solo sulla carta, ma si traduca in risultati concreti per il clima e per le future generazioni.

La marcia indietro sul bando 2035 non rappresenta una rinuncia agli impegni ambientali, ma una rimodulazione delle tempistiche e delle strategie, che tiene conto della complessità del settore e della necessità di accompagnare la transizione con misure realistiche e sostenibili. Resta ora da vedere come il compromesso verrà recepito dagli altri attori europei e quale impatto avrà sulle scelte di mobilità dei cittadini e sull’evoluzione tecnologica dell’automotive nei prossimi anni.

Ti potrebbe interessare: