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Formula 1, i migliori piloti della storia: Vettel

La nostra miniserie si conclude con l’asso oggi in forza alla Ferrari. In kart da bambino, l’incontro con Schumacher, la scuola Red Bull, i trionfi mondiali, l’arrivo a Maranello, la lotta con Lewis Hamilton


La nostra miniserie sui migliori piloti della storia in Formula 1 si chiude con Sebastian Vettel. Una prima parte di carriera in cui ha dominato la massima serie dell’automobilismo quando era ancora quasi un adolescente, poi l’approdo alla Ferrari pieno di aspettative, entusiasmi, guizzi e frustrazioni. Una vicenda sportiva che solo ora entra nella fase della maturità, in cui tutto può ancora accadere. Ripercorriamo ad alta velocità, le fasi più importanti della carriera del grande campione tedesco.

 

Formula 1, Sebastian Vettel: le statistiche


Trattandosi di un pilota ancora in attività, i numeri sono in continua evoluzione; in questa pagina i dati sono aggiornati al termine della stagione 2018. Sebastian Vettel è arrivato in Formula 1 nel 2007, ha quindi disputato 12 stagioni. Ha partecipato a 220 gran premi. Vanta la conquista di 4 titoli mondiali e la vittoria in 52 gran premi, oltre ad aver ottenuto 55 pole positions e per 36 volte il giro più veloce in gara. In quanto a campionati, lo superano solo Michael Schumacher (7), Juan Manuel Fangio e Lewis Hamilton (5 a testa); è invece appaiato ad Alain Prost. Dal punto di vista dei gran premi vinti Vettel è terzo assoluto, solo Schumacher (91) ed Hamilton (73) hanno fatto meglio di lui. Per quanto riguarda le pole positions, Seb è quarto, dietro ad Hamilton (83), Schumacher (68) e Ayrton Senna (65). In nessuna di queste statistiche Vettel è raggiungibile in tempi brevi.

Osserviamo la percentuale di vittorie sui gran premi disputati: il 23,74% pone il tedesco abbastanza in basso nella classifica dei migliori, è infatti solo decimo. E non si tratta di un pilota particolarmente falloso, tutt’altro: è quarto assoluto nella percentuale di ritiri (14,61% pari a 32 gare), cioè è fra i piloti che si sono ritirati di meno nella storia, in rapporto alle gare disputate. Sulla percentuale di vittorie relativamente bassa (quasi tutti venderebbero la madre per arrivare anche solo alla metà), gli anni faticosi in Ferrari compensano quelli altamente vincenti in Red Bull. Ma la sua carriera è ancora lontana dall’essersi conclusa, quindi può migliorare anche di molto.

 

Sebastian Vettel prima della Formula 1


E’ facile definire un pilota come questo un predestinato, sempre che abbia un senso la concezione di destino. Piuttosto, come è spesso accaduto, i suoi genitori hanno compreso che il figlio aveva un talento naturale per le corse e hanno lavorato duramente per metterlo nelle condizioni di esprimersi. Il fatto che suo padre si dilettasse di corse in kart e in salita può aver influito nella capacità di riconoscere il talento specifico e rappresentato una fonte d’ispirazione, ma non più di tanto, perché non si tratta certo di un milionario. Non tutti i figli di piloti raggiungono la Formula 1, meno che mai vincono mondiali; i nomi noti sono solo il vertice di una piramide alla cui base ci sono migliaia di sconosciuti che sono rimasti tali.

Sebastian Vettel è nato il 3 luglio 1987 a Heppenheim, una cittadina quasi a metà strada tra Francoforte e Stoccarda. Il padre Norbert, come detto, si dilettava di corse in kart e cronoscalate, ma di professione faceva il carpentiere. Quindi la famiglia non si può definire facoltosa. Norbert ha messo il figlio sul kart all’età di tre anni e mezzo e il piccolo Seb praticamente non ne è più sceso, trascorreva ore e ore a girare nel cortile di casa, diventando sempre più veloce e mostrando subito delle capacità fuori dal comune. Allora i genitori decisero di assecondare la sua passione iscrivendolo alle prime corse all’età di sette anni, non senza sacrifici. Seb cominciò a vincere immediatamente e tanto. Durante la premiazione per una di queste vittorie incontrò Michael Schumacher, naturalmente idolo di Sebastian. Schumi evidentemente riconobbe in quel ragazzino molto di se stesso da giovane, quindi fece amicizia con lui e lo incoraggiò a proseguire e a coltivare la sua passione.

Tuttavia salire di livello richiedeva mezzi economici che la famiglia Vettel non possedeva. Seb continuò quindi a gareggiare e a vincere nelle competizioni locali, finché un giorno i cacciatori di talenti della Red Bull non lo scoprirono e decisero d’includerlo nella propria scuola per giovani piloti; era il 1998, Seb aveva 11 anni. A questo punto gli invidiosi, capaci solo di criticare chi ha successo per nascondere la propria mediocrità, potrebbero obiettare che Vettel è stato in fondo fortunato: aveva l’appoggio di Schumacher ed era finanziato dalla Red Bull, sono capaci tutti. Piccolo particolare: Vettel ha incontrato Schumi ed è stato avvistato dalla Red Bull perché aveva vinto tante corse. La bravura di un vincente sta nel costruire le condizioni perché le occasioni possano arrivare.

E poi entrare nelle accademie delle grandi case non significa automaticamente arrivare in Formula 1, né tantomeno restarci. Si deve dimostrare di avere qualcosa in più degli altri. Sebastian lo ha dimostrato subito: dopo altri cinque anni di vittorie nei kart, nel 2003 è stato promosso alle automobili; nel 2004 ha dominato il campionato tedesco di Formula BMW vincendo 18 gare su 20. Nel 2005 è passato alla Formula 3, dove è arrivato quinto nel campionato europeo. Come premio per i successi della stagione precedente gli è stato offerto un test sulla Williams BMW di Formula 1. Che deve essere andato molto bene, poiché la scuderia BMW Sauber lo ha ingaggiato come test driver per la stagione 2006.

 

Sebastian Vettel in F1: BMW e Toro Rosso

Sebastian Vettel ha assaggiato per la prima volta un gran premio di F1 in Turchia, dove nel 2006 ha partecipato alla sessione di prove libere del venerdì. Era piuttosto emozionato, perché appena uscito dal box è stato multato per aver superato il limite di velocità nella pit lane. Ma poi ha fatto registrare il miglior tempo della sessione. Secondo assaggio alle prove libere di Monza, anche qui miglior tempo (in quella gara Robert Kubica arrivò sul podio). Quell’anno Seb ha continuato anche a correre in F3, finendo secondo in campionato. Nel 2007 è passato alla Formula Renault 3.5; si trovava in testa al campionato quando è arrivata la vera chiamata della Formula 1. Kubica si è infortunato in Canada, serve un rimpiazzo per il GP degli Stati Uniti ad Indianapolis. Settimo tempo in qualifica e il 17 giugno 2007 Sebastian Vettel esordisce in gara. Ottavo posto e primi punti.

Sebastian ha però un contratto con la Red Bull; il gran capo nella gestione dei piloti, Helmut Marko, decide che è arrivato il momento di lanciare il giovane tedesco e quindi lo colloca sul sedile della Toro Rosso motorizzata Ferrari per il resto della stagione e per il 2008. Il 31 luglio Vettel esordisce su quella che una volta era la Minardi al GP d’Ungheria. Ben presto mette in evidenza due caratteristiche ben impresse nel suo DNA: una sensibilità straordinaria nel trovare la massima prestazione ma anche un’impazienza di fondo che lo porta a volte ad eccedere. In Giappone al Fuji, sotto la pioggia risale la classifica fino a portarsi in terza posizione; ma durante un passaggio sotto safety car va a tamponare la Red Bull di Mark Webber, provocando il ritiro di entrambi. Ma nella gara successiva in Cina finisce quarto dopo essere partito 17°: il miglior risultato suo e della scuderia.

Nel 2008 è partito male, molto nervoso, quattro ritiri su quattro, di cui tre a causa d’incidenti (provocati però dagli altri piloti). A Monaco un’altra prestazione maiuscola, quinto dalla 17ma posizione in griglia. Nelle altre gare ha alternato buoni piazzamenti a qualche errore. Poi a Monza l’esplosione, il passaggio da giovane promessa della Formula 1 a giovane realtà: vince il suo primo gran premio con autorità, dopo aver realizzato la pole position e condotto per gran parte della gara. Subito la stampa di scatena con i voli pindarici e lo nomina il nuovo Schumacher. Ma Seb possiede anche una notevole diplomazia nei rapporti con i media. Infatti in quei giorni si è affrettato a spegnere quei fuochi di parole, dicendo “Paragonarmi a Michael Schumacher è un po’ ridicolo. In condizioni normali sarà difficile per chiunque di noi ripetere quei successi“.

 

Formula 1, Sebastian Vettel alla Red Bull

Formula 1 Sebastian Vettel Michael Schumacher
Nel 2009 David Coulthard si ritira e il suo posto alla Red Bull-Renault viene preso naturalmente da Vettel. Quella stagione è cominciata in modo strano. In inverno la Honda si è ritirata improvvisamente dalla F1 a causa della crisi economica mondiale, quindi la scuderia è stata acquistata da Ross Brawn e rinominata Brawn GP; l’ex stratega della Ferrari ai tempi di Schumi si è assicurato la fornitura degli ottimi motori Mercedes e una soluzione aerodinamica sui diffusori posteriori, contestata ma giudicata legale, ha reso la monoposto velocissima nella prima parte della stagione, consentendo a Jenson Button di prendere il largo con 6 vittorie nelle prime 7 gare. L’unica gara ad interrompere il duetto Button-Brawn è stata la terza, in Cina: vinta proprio da Sebastian Vettel, il quale aveva anche realizzato la pole.

Ma nella seconda parte della stagione la Red Bull ha annullato tutto lo svantaggio tecnico e si è rivelata la macchina più veloce, sebbene anche Ferrari e McLaren fossero competitive. Così Vettel è diventato il principale inseguitore nella lotta per il titolo un Button sempre più in difficoltà, il quale solo dopo la penultima gara è riuscito ad aggiudicarsi matematicamente il campionato. Per Vettel resta la soddisfazione di quattro gran premi vinti e aver combattuto a lungo, chiudendo la stagione al secondo posto. E un’estensione pluriennale del contratto con la scuderia austriaca.

 

Sebastian Vettel campione del mondo

Nel 2010 la situazione tecnica vede un notevole equilibrio fra Red Bull, Ferrari e McLaren. La vettura austriaca soffre un po’ di affidabilità ma è molto veloce; Vettel emerge come il migliore sul giro singolo, conquistando la maggior parte delle pole positions, ma in gara commette qualche errore di troppo, è un po’ irruento; ad esempio in Turchia tenta il sorpasso sul compagno di squadra Webber per passare al comando della gara, invece lo tocca finendo fuori pista; oppure a Spa, quando butta fuori la McLaren di Button rimediando una penalizzazione. Ma nel complesso, con un paio di vittorie e diversi piazzamenti, resta in corsa per il titolo mondiale, sebbene ad una certa distanza. Da Monza in poi Fernando Alonso vince tre gare e ottiene due terzi posti: ha il mondiale in mano. Nell’ultima corsa, ad Abu Dhabi, teoricamente ancora quattro piloti possono vincere il campionato; Hamilton è tuttavia troppo lontano. Alonso ha 8 punti di vantaggio su Webber e 15 su Vettel, da questa stagione il vincitore prende 25 punti. Ad Alonso basta arrivare secondo, in caso di vittoria di una Red Bull. Vettel invece deve vincere la gara e sperare che lo spagnolo non arrivi fra i primi quattro.

Sebastian va all’attacco e prende la pole position. In gara parte forte e nessuno lo prende più, perde il comando solo momentaneamente per i cambi gomme. Alonso invece parte un po’ lento e dopo l’ultima sosta ai box si ritrova davanti il lento Vitaly Petrov sulla Renault; sarà anche lento, ma tiene la sua posizione e la veloce Ferrari di Alonso non è poi così veloce da superarlo. Sta di fatto che lo spagnolo non riuscirà mai a sopravanzarlo: taglia il traguardo al settimo posto. Sebastian Vettel diventa il più giovane campione del mondo nella storia della Formula 1, battendo a 23 anni, 4 mesi e 11 giorni il record che Hamilton aveva stabilito l’anno prima (circa 5 mesi di differenza nell’età). Inoltre Vettel si aggiudica il campionato senza mai essere stato in testa alla classifica prima dell’ultima gara. L’unica che conta, del resto.

 

Il dominio di Vettel dal 2011 al 2013

Nel 2011 la Red Bull è nettamente superiore alla concorrenza e Vettel acquisisce una enorme confidenza in se stesso: vince 6 delle prime 8 gare e mette le mani sul campionato. Potrebbe accontentarsi di gestire la seconda parte della stagione, ma non ce n’è per nessuno, così arrivano altri cinque successi e conquista dominando il secondo titolo mondiale.

Nel 2012 le cose però non sono così semplici. Ad inizio stagione la Red Bull soffre Ferrari e McLaren, mentre Vettel è troppo altalentante nel rendimento. Vince solo in Bahrein e poi più niente fino a Monza, dove un guasto lo fa ritirare. Sembra la volta buona per Alonso e la Ferrari. Ma Sebastian tira fuori il meglio di sè mentre la Red Bull risolve i problemi tecnici, così il tedesco vince quattro gran premi consecutivi e si porta in testa con un certo vantaggio. Alla vigilia dell’ultima gara negli Emirati gli basta arrivare quarto con Alonso vincente o anche settimo se lo spagnolo non vince. In prova Vettel ha il quarto tempo, Alonso addirittura l’ottavo.

Sembra fatta per il tedesco, ma le corse bisogna disputarle. Leggera pioggia, Alonso scatta come un fulmine e si porta in terza posizione, invece Vettel parte malissimo e si trova settimo. Poi viene colpito maldestramente da Bruno Senna in un tentativo di sorpasso, si gira e si trova ultimo. A quel punto ad Alonso basta mantenere la terza posizione per tornare campione. Ma Vettel dimostra in quel momento che non ha vinto due mondiali per caso e comincia a rimontare, rabbioso. Ci saranno delle polemiche successive per un sorpasso al quarto giro su Vergne sotto bandiera gialla, invece i filmati dimostreranno che il commissario sul percorso stava sventolando una bandiera verde.

Il tedesco recupera posizione su posizione, tra l’agitazione ai box perché a tratti la pioggia ricomincia con relativi cambi gomme. Una safety car annulla lo svantaggio di Vettel, il quale si porta in settima posizione, la prima utile per tenersi il titolo. La Ferrari fa gioco di squadra e dice a Felipe Massa di farsi superare da Alonso, il quale diventa secondo ma non gli basta. Deve andare a prendere Jenson Button in testa, però a 15 giri dal termine il distacco è di 20 secondi: troppi. Nel frattempo Vettel si porta in sesta posizione, nessuna differenza ai fini della classifica. A due giri dalla conclusione un incidente fa entrare la safety car, che passa per prima sotto la bandiera a scacchi. Seb vince il terzo mondiale consecutivo.

Il 2013 comincia con un testa a testa ravvicinato tra Red Bull e Ferrari, o meglio tra Vettel e Alonso, i quali si scambiano vittorie in uno splendido duello. Mentre i rapporti nella scuderia austriaca fra il tedesco e Webber diventano sempre più freddi: l’australiano lo accusa in Malesia di averlo superato (andando poi a vincere), nonostante ci fossero ordini di scuderia di congelare le posizioni dopo l’ultima sosta ai box. E’ una costante nelle corse quella di prendersela col compagno di squadra più forte; è accaduto a tutti, anche ai migliori, figuriamoci se non poteva capitare a Webber.

Sta di fatto che al momento della pausa estiva, dopo l’Ungheria, i migliori piazzamenti di Vettel lo portano a 38 punti di distacco sulla Lotus-Renault di Kimi Raikkonen e 39 su Alonso. Tanti ma non troppi, una possibilità di recupero può ancora esserci. Ma evidentemente Seb si riposa meglio degli altri, perché alla ripresa si trasforma in un terrificante rullo compressore: vince tutti i gran premi rimanenti, ben 9. Poker mondiale a soli 26 anni. Gli unici altri piloti ad aver realizzato una tale impresa ne avevano 46 (Fangio) e 34 (Schumacher, il quale proseguì a 5 titoli consecutivi).

Il 2014 è invece da dimenticare. Cambiano le regole, tornano i motori turbo e arrivano le power unit ibride. Renault e Ferrari non cavano un ragno dal buco, la Mercedes asfalta tutti. Vettel soffre anche col nuovo compagno di squadra, l’arrembante Daniel Ricciardo, il quale riesce a vincere tre gare mentre il quadricampione del mondo resta a bocca asciutta. Si chiude del resto un’epoca. Sebastian firma per la Ferrari.

 

Sebastian Vettel alla Ferrari


Cambiare aria fa bene, lo dicono tutti. Vettel arriva a Maranello al fianco di Kimi Raikkonen e la stagione 2015 comincia inaspettatamente bene. Podio in apertura e vittoria in Malesia davanti alle spaziali Mercedes. La Ferrari è ancora lontana dal dominante squadrone tedesco, però è pronta ad approfittare dei suoi (pochi) errori, così Seb si prende la soddisfazione di vincere tre gran premi in totale e salire parecchie volte sul podio, chiudendo al terzo posto in classifica, nemmeno troppo lontano dal secondo, Nico Rosberg (44 punti). Decisamente un buon inizio, date le premesse tecniche della vigilia.

Così il 2016 si apre all’insegna dell’ottimismo, forse troppo. Così Vettel scopre a sue spese l’ambientino tutto particolare della Ferrari, dove ogni cosa viene amplificata, nel bene e nel male. A Maranello non esistono buoni risultati o problemi, ma solo trionfi o catastrofi. La macchina non riesce ad avvicinarsi alle prestazioni della Mercedes, soffre nella gestione delle gomme; il team comincia a diventare nervoso, quindi diverse volte si commettono errori di strategia; Vettel viene risucchiato dal vortice di polemiche e non rende come prima; poi nella seconda parte della stagione la vettura perde ancora più competitività e il tedesco si smarrisce. Nessuna vittoria e in classifica viene superato anche da Ricciardo.

 

Vettel e Ferrari: la rincorsa al titolo

Nel 2017 la musica cambia. A Maranello indovinano la macchina che questa volta si avvicina parecchio alla Mercedes e spesso la supera anche. Vettel parte forte vincendo la gara d’apertura in Australia. Il ferrarista ingaggia un duello alla pari con Lewis Hamilton per tutta la prima parte della stagione. Fino a Monaco sale sempre sui primi due gradini del podio, culminando un eccellente trimestre con la vittoria a Montecarlo (terza dell’anno) che lo attesta al vertice della classifica con 25 punti di vantaggio sul rivale. L’inglese si avvicina grazie a tre vittorie; Vettel vince in Ungheria e va alla pausa agostana con 14 punti di vantaggio. Unica sbavatura fino a questo punto il comportamento a Baku dove, sotto safety car, il tedesco tampona Hamilton e, ritenendo che lui abbia frenato apposta, lo affianca e lo prende a ruotate apostrofandolo in malo modo. Frenata volontaria o meno, una tale reazione è ingiustificabile. Giustamente penalizzato dai commissari.

Dopo la pausa estiva Hamilton parte fortissimo. Vince a Spa e Monza, Vettel secondo e terzo. Ora la situazione si è ribaltata, è Hamilton a comandare con un buon distacco. A Singapore il tedesco centra la pole position davanti all’inglese. Ma in partenza i due ferraristi stringono a sandwich la Red Bull di Max Verstappen (talento che fino a questo momento è noto anche per un’irruenza che spesso sfocia nella scorrettezza), provocando un patatrac, fuori tutti e due. Hamilton evita il disastro e se ne va, aggiudicandosi indisturbato il gran premio. Vincerà ancora negli USA, controllando la situazione in Messico dove incamera matematicamente il titolo. Vettel e la Ferrari masticano amaro per la perdita di un campionato ampiamente alla portata.

Vettel-Hamilton, il film del 2018

Arriviamo al 2018. A Maranello non fanno proclami, tutti zitti a lavorare. E i risultati si vedono subito: due vittorie in avvio per Vettel. In Cina sembra arrivare il tris, dopo la pole e il comando per parecchi giri. Senonché dopo il cambio gomme Seb si trova alle spalle Verstappen che, tentando di superarlo, lo butta fuori senza troppi complimenti; il ferrarista riesce a riprendere la corsa ma terminerà ottavo, in una gara vinta dal sempre troppo sottovalutato Daniel Ricciardo. Hamilton comincia ad ingranare e vince le due corse seguenti, mentre Vettel a Baku commette un errore in sorpasso su Valtteri Bottas. A Montecarlo Ricciardo è spiritato e domina l’intero weekend; quasi pensa di far bere dalla sua scarpa anche il principe Alberto, ma fortunatamente ci ripensa. Vettel arriva secondo davanti ad Hamilton.

Sebastian domina in Canada, Lewis vince in Francia mentre il rivale si scontra in partenza con Bottas, torna ai box per cambiare un’ala e rimonta da 15° a 5°. Podio in Austria mentre Hamilton si ritira. A Silverstone Seb vince a casa di Lewis davanti a lui; invece ad Hockenheim è l’inglese a vincere a casa del tedesco partendo 14°; invece Vettel va lungo sull’asfalto bagnato e si ritira, l’avversario lo supera in classifica. Un weekend molto agitato per la Ferrari, poiché arriva la notizia della malattia irreversibile di Sergio Marchionne, il quale morirà tre giorni dopo il gran premio, il 25 luglio. A Budapest Hamilton è il più in forma, Vettel gli arriva dietro e perde terreno. Dopo la pausa Vettel a Spa supera in partenza il poleman Hamilton e vince con autorità davanti a lui.

A Monza le rosse sembrano ancora avere in mano il controllo della situazione, perché in qualifica monopolizzano la prima fila, Kimi conquista la pole. Poi succede qualcosa, nella testa di Vettel e in parte anche alla Ferrari; l’agitazione per i cambi al vertice aziendale c’entra solo fino ad un certo punto. In gara Seb viene beffato in partenza da Lewis; un pilota così esperto come il ferrarista, consapevole di avere una vettura più veloce su una pista dove si può sorpassare spesso, non dovrebbe rischiare il tutto per tutto al primo giro quando c’è il titolo in gioco. Ma Vettel è molto nervoso, quindi subito alla variante Ascari attacca Hamilton in un punto dove lo spazio non c’è; l’inglese resiste, il tedesco lo tocca all’interno con l’anteriore destra e si gira; perde posizioni, finirà quarto mentre Lewis si aggiudicherà la gara.

Il campionato prende la strada della Mercedes, perché Hamilton vince le tre gare successive, mentre Vettel commette altri errori e la Ferrari perde quella velocità che aveva ad inizio campionato. Mondiale nelle tasche di Hamilton. A fine stagione Kimi se ne va e a Maranello arriva il giovane Charles Leclerc. La sfida è solo rinviata.

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