Home Notizie Curiosità Assolta la vigilessa che evitò 29 multe a parenti e amici

Assolta la vigilessa che evitò 29 multe a parenti e amici

Farsi togliere la multa dimenticandosi di inoltrare i ricorsi alla Prefettura. Assolta una donna in servizio a Roma.

Quello di farsi togliere la multa è una prassi ancora molto presente in Italia. E, a volte, coloro che partecipano all’insabbiamento delle sanzioni o si dimenticano di inoltrare i ricorsi alla Prefettura riescono a passarla liscia.

Rientra sicuramente in una delle due opzioni il caso di una donna in servizio presso la Polizia di Roma Capitale. L’istruttrice di polizia municipale non ha inviato 29 ricorsi alla Prefettura di Roma entro i 60 giorni previsti per legge ed è stata accusata di abuso d’ufficio. I destinatari delle multe, infatti, erano amici e parenti della donna che hanno inoltrato ricorso al comando capitolino dopo aver ricevuto multe di importi compresi tra i 40 e gli 80 euro: le sanzioni, risalenti al 2012, erano relative per esempio a divieto di sosta o a passaggio col semaforo rosso e tra i multati figurava anche il figlio della donna.

Il Messaggero ha riportato che il plico di ricorsi non inoltrati è stato rinvenuto nell’ottobre del 2013 in modo del tutto casuale dopo la ricerca di una pratica da parte dei colleghi, guidati al telefono dalla vigilessa. Secondo la legge, infatti, se l’automobilista ha preso una multa ingiusta o non valida, ha facoltà di inviare il ricorso alla Prefettura competente che ha 60 giorni di tempo per rispondere. In caso di mancata risposta, il ricorso è considerato accolto e la multa conseguentemente annullata. Quando invece il ricorso viene spedito al Comando della Polizia Locale che ha accertato la violazione, lo stesso lo deve trasmettere al Prefetto entro i due mesi consentiti.

Secondo il Corriere della Sera il dibattimento ha evidenziato l’amicizia tra le persone a cui erano dirette le sanzioni e l’imputata. Ciò nonostante la seconda sezione penale collegiale del tribunale di Roma ha assolto la donna con la seguente motivazione: una confusione della carente organizzazione del «Reparto elaborazione sanzionatorio» con i giudici che hanno considerato l’imputata disattenta ma tratta in errore a causa del sovraccarico di lavoro. La sentenza in primo grado del Tribunale non ha convinto il pubblico ministero Laura Condemi che ha presentato ricorso contro l’assoluzione.

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