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Un viaggio nella storia di Seat

Un percorso che rivive la storia del marchio spagnolo. Un tuffo tra passato e presente tutto da vivere: dai prototipi alle utilitarie, dalle storiche alle auto da corsa

Arriviamo a Barcellona direttamente da Roma con un poco di ritardo. E’ una giornata di sole, con l’aeroporto frenetico per qualche sciopero o manifestazione. Tra la gente però, si avverte l’orgoglio per la sera prima. La Remuntada qua la chiamano: il Barcellona di Messi e Neymar ha appena fatto la storia. Ce ne parla anche l’autista che ci porta in realtà non molto lontano. Dieci, quindici minuti di transfert e le porte di un enorme Hangar si aprono di fronte ai nostri occhi. Ci accolgono due signori distinti, di una certa età. Il primo ha il sorriso di chi ne ha viste tante, un occhiale da uomo distinto. Lo sguardo è pacato, il sorriso è calmo. L’altro, più distinto, serioso, con le mani conserte. Uno è Salvador Canellas, l’altro è Livio Lodi, ciceroni per un giorno di quello che è un pezzo di storia per gli spagnoli, un pezzo di storia per il mondo dell’auto. Ci troviamo all’interno del museo storico Seat.

Far capire cosa significa non è impresa facile. Oggi Seat fa parte del gruppo Volkswagen, si mostra come un’azienda concettualmente europea, in grado di aprirsi al mondo. E’, per usare le parole di De Meo alla presentazione dell’ultima Ibiza “un trampolino di lancio nel gruppo” con una chiara identità spagnola. Insomma, una sorta di ambasciatrice. Già, ma le origini parlavano di una Seat come auto del popolo nella sua accezione più bella e romantica. Un po’ come la nostra Fiat. Ed in effetti, prima del legame con Volkswagen, il rapporto tra Torino e Martorell era simbiotico.

E’ una lunga camminata nella storia quella che ci attende. Cadenzata, lenta. Assapori quanto ti viene raccontato – in spagnolo – dai responsabili Seat a partire dalla storica Seat 1400 del 1953. “Mas de 90% de piezas del coche” furono realizzati da zero per la consorella della Fiat 1400. “Se fabricava todos. Los pistones…” solamente le candele, le lampadine e gli pneumatici non erano di produzione autonoma. Verdone, imponente. Era un’auto di lusso ai tempi, con accanto anche la 1400 Visitas, cabriolet nel suo blu notte. 1955 riporta l’attestato di nascito, e fu una macchina fondamentale, perchè fu l’esemplare ufficiale con cui si inaugurò la fabbrica. Una macchina importante perchè l’opera di restauro era riuscita perfettamente senza dover andare ad utilizzare pezzi “terzi”. Sulla destra, come una lunga passerella, scorrono a perdita d’occhio le altre versioni della 1400.

Sul lato sinistro invece, ecco le 600. Si, parenti delle nostre Fiat, qui presenti in tutte le sue versioni, a cominciare dall’ originale 600 Savio, auto utilizzata, grazie alle sue caratteristiche, per le visite all’interno dello stabilimento. Il nostro cammino prosegue, con in bella mostra le piccole 600, con anche la 600 D, la 600 L, la 600 D Descapotable. Pezzi di storia di una Spagna che cercava e puntava a crescere, con un’animo romantico. “Esto es el coche mas importante en Espana, comparable al New Beetle in Alemagna o la Cinquecento in Italia”.

La passeggiata prosegue, arrivando fino ad altri capisaldi della casa come la Ibiza e la Toledo. Prima ancora però, ci soffermiamo sulla Ronda, l’antesignana della Leon, la “sorellastra” della Fiat Ritmo. Affascinante, anche in una versione dedicata ai Rally spagnoli, divertente vederne una dipinta di giallo e di nero. Particolare come modello, perchè anche gli interni sono completamente pitturati di giallo. Perchè? Fu per la controversia che lego il Lingotto proprio con Martorell che portò poi alla scissione. Le parti in giallo, più numerose, rappresentavano per Seat le parti realizzate autonomamente, contro quelle dipinte di nero. Un modo per sottolineare e mostrare l’autonomia stessa della casa spagnola.

E’ un museo dall’animo vivo, forte, automobilistico. Nasconde chicche e cimeli di siffatta bellezza, ognuno con la propria storia. Persino una Papa Mobile per Giovanni Paolo II, Carol Woytila. Si trattava di una piccola Seat Panda, la cui storia fu molto particolare. Già, perchè la visita del 1982 doveva portare il Papa ad incontrare i fedeli a Barcellona all’interno del Camp Nou, ma anche a Madrid all’interno del Bernabeu. Durante un sopralluogo però, gli emissari del Vaticano scoprirono che la Mercedes-Benz 230 G – auto ufficiale – era fin troppo massiccia, grande, per poter passare le porte dello stadio. Così la Seat ebbe questa grande occasione per preparare ed allestire una Seat Panda in tutta fretta. Solo due settimane per riuscire nell’impresa.

Quando poi ci fanno entrare all’interno di un’area separata, capisci perchè questo posto è letteralmente vivo. Non lo puoi chiamare museo, e forse…tanto meglio. Ci troviamo di fronte a tre mezzi ancora in fase di restauro. Sono impolverati, ancora rovinati, con un poco di ruggine. Hanno l’aria antica, di quelle cianfrusaglie di valore che magari trovi in un mercato rionale, sperduto. Hanno quel fascino da archeologo che rende tutto più romantico. Ci dicono che per alcune servirà ancora tempo nel restaurarle. Come un intervento certosino di rinnovo, ci vuole calma e pazienza.

Ibiza, Toledo: la storia è tutta qui. Quando poi però passiamo alla seconda ala di auto, lo ammetto, i miei occhi si illuminano come quelli di un bambino. Sulla mia destra ci sono numerosi prototipi. Concept vari, rimasti lì, in quel limbo tra la fantasia e la realtà, mai messi in produzione fino in fondo, ed altri divenuti vere e proprie auto. C’è il concept di una Ibiza chiamato Cupster, con una forma particolare dei vetri ed un frontale la cui aerodinamica “picchia” verso il basso.

C’è ad esempio la concept car che ha dato vita alla Seat Atheca, ma anche un concept di una vettura sportiva roadster molto particolare, con gli ammortizzatori a vista sul cofano posizionati in orizzontale. Ammortizzatori che, tra le altre cose, avvicnandomi vedo che sono di casa Penske, casa che per chi ama le competizioni significa “passione a stelle e striscie”.

Poco prima poi troviamo anche la prima Seat elettrica. Era una Toledo, e fu realizzata nel 1992 appositamente per le Olimpiadi di Barcellona. E’ quasi divertente vedere come era stata realizzata, con un motore elettrico molto semplice, “basico”, e con la presa elettrica rudimentale con tanto di cavo, alloggiata dietro la mascherina del frontale. Il Comitato Olimpico Internazionale voleva e stabiliva per sua natura che a seguire la maratona ci fosse un veicolo emissioni zero. Ed ecco quindi l’esemplare con 42 chilometri di autonomia.

Si ma il sorriso si espande quando vedo tutte le auto da corsa di casa Seat. Perchè le competizioni fanno parte del DNA della casa spagnola. Così c’è la Seat Leon TDi che ha dominato nel WTCC con Yvan Muller ed il nostro Gabriele Tarquini. Corse anche con Monteiro – ex Jordan – e Jordi Gene. Poi, quel prototipo di Seat Cupra che corse nel GT Open spagnolo, assolutamente spettacolare. In livrea grigia e rossa, somigliava ad una Bugatti Veyron per la sua bellezza. Che dire poi della Seat Toledo Marathon, prototipo per i Rally Raid con i colori della Repsol, ed infine anche gli esemplari WRC. Erano le auto che resero famosi e protagonisti Herri Rovanpera, Toni Gardemeister, o lo stesso Didier Auriol. Gente e piloti che hanno fatto vivere l’epopea degli anni Novanta nel WRC.

Come non bastasse, ecco una piccola Panda del Gruppo 2. Cosa aveva di speciale? Fu la macchina con cui mosse i primi passi nel mondo delle gare Carlos Sainz. Poco più avanti poi, c’è la 124D da gara, con cui ancora oggi Salvador Canellas si diverte nei rally storici.

Già, quel Salvador Canellas che ci ha accompagnato in questo viaggio. Un personaggio unico. Quel sorriso calmo, quello sguardo da appassionato. Poi chiedi della sua storia e lui sta li, di lato ad annuire quasi imbarazzato. E’ stato il primo pilota spagnolo a vincere nel Motomondiale, corse aggiudicandosi la 24 ore del Montjuic con una Ducati, prima di dedicarsi ai Rally. E proprio con la 124 arrivò quarto al Rallye di Montecarlo del 1977.

Se c’è un legame tra Ducati e Seat, lui ne rappresenta visivamente la passione. Così, mentre scambiamo quattro chiacchiere con Livio Lodi – altro uomo da ascoltare per ore e ore (ma questa è un’altra storia) – questo anziano ma arzillo spagnolo accende la propria auto. Un rombo che entra fin dentro l’anima scalda questo enorme hangar. Lui sorride da dietro il volante e parte per un giro dimostrativo. Si, qui la passione è di casa.