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Audi Sport: in pista ad Imola con l’Audi R8 [Video]

Imola è il piccolo Nurburgring: tecnico, difficile, adrenalinico come non mai. E’ qui che Audi ha deciso di rendere maturo il suo ramo Motorsport…

Le rive del Santerno. Lì, dove puoi rendere omaggio alla leggenda, al simbolo della velocità, su quella che oggi è la variante del Tamburello. Imola è il piccolo Nurburgring: tecnico, difficile, adrenalinico come non mai. E’ qui che Audi ha deciso di rendere maturo il suo ramo Motorsport, proiettandolo verso un’entità propria. Audi Sport diviene un’entità indipendente, ufficiale, non più una semplice costola. E’ la realizzazione di una identità, quella delle prestazioni per tutti.

Il circuito Enzo e Dino Ferrari l’anfiteatro, la protagonista indiscussa è l’Audi R8. Figlia delle competizioni di Ingolstadt. 610 cavalli, motore V10 da 5,2 litri. Da 0 a 100 in 3,2 secondi. Peso a secco: 1454 chilogrammi. Dettagli quando mi infilo il casco ed entro all’interno di quello che è un vero e proprio abitacolo. Splende il sole sul circuito, temperatura perfetta per quello che è il momento culmine.

E’ la figlia di quella generazione di campionesse il cui DNA è instillato sul rettilineo della Sarthe, conquistato tredici volte. Anche lei, quel prototipo da corsa, si chiamava R8, e vide come primi dominatori Biela, Krinstensen e Pirro. Oggi con noi c’è anche quel Dindo Capello che di 24 Ore di Le Mans ne ha vinte tre. Quel prototipo aveva le effigi della vettura vincente, viveva di un’anima da regina: telaio monoscocca in fibra di carbonio ed alluminio a nido d’ape, motore V8 con monoblocco e teste in alluminio. Oggi però, sotto quel cofano, batte un V10.

Max Venturi, driver professionista seduto accanto a me, mi da l’ok: si parte. Avevo avuto modo di provare già Imola in passato, ma solo in sella a delle Superbike. Prima dentro con il selettore dietro al volante e si va. Prima di lei, della regina della gamma Audi, avevo effettuato tre giri di ‘riscaldamento’ con la nuova RS3. Potente, fluida nell’erogazione, ma comunque importante nei trasferimenti di carico, morbida in fase di staccata ed in appoggio. Non potrebbe essere altrimenti.

E poi siamo sinceri, non è la R8, con quelle linee plasmate in galleria del vento, lo spoiler posteriore in carbonio, quello stile filante, snello, con la diversa conformazione dei sideblades, nuova calandra single frame e gli occhi a Led.

Ho tra le mani il volante. Asimmetrico, con quattro comandi, un manettino per la modalità Performance. Hai tra le mani le corse, e davanti agli occhi l’Audi Virtual Cockpit. Che sia un’auto omologata per la strada si fa un poco fatica a crederlo se non la si è mai provata.

Semaforo verde dalla Pit-lane, si parte con l’installation lap, per scaldare le gomme e iniziare a riprendere la mano. Max Venturi mi modifica un poco le traiettorie, figlie del mio retaggio su due ruote.

Seconda della Rivazza: gas a manetta, terza piena, poi snocciolo: quarta, quinta, sesta: l’Audi R8 è un laser, dove guardi lei va, con un feeling quasi da go-kart. Non riesco a guardare la velocità massima in fondo al rettilineo che stacco ai 150 metri per la variante del Tamburello: sesta, quinta, quarta, terza. Tolgo il piede dal freno che sono già alla corda. Non serve sacrificarla: l’R8 brama necessariamente andar forte e inserire ancora leggermente con il freno. Inserisce in maniera incredibilmente veloce. Stabile ma con l’anteriore ben caricato. Sinistra-destra poi a metà prima di uscire di nuovo a sinistra dentro la quarta, allargo fino al cordolo. Quinta dentro, cartello dei 100 metri e nuova staccata per la Villeneuve.


“Togline solo una” mi suggerisce Max Venturi. Dentro a pizzicare il cordolo in quarta, con i freni già mollati prima, poi di nuovo piede sinistro sul freno e mano sinistra sul paddle: terza e dentro per la destra. Non c’è respiro perchè alla corda la trazione Quattro fa tutto il suo dovere. E’ una danza veloce, velocissima quella a bordo della R8. Si arriva alla Tosa dove il punto di corda va preso tardi. Sembra quasi di arrivar lunghi.

L’istinto motociclistico mi avrebbe fatto frenare poco prima e iniziato la discesa in piega prima. Max invece mi tiene “allunga, rimani largo, solo alla fine chiude e quando vedi quella grata dell’acqua, tutto giù”. Spalanco in terza ed è pura esaltazione quella di salire fino alla Piratella. I 610 cavalli sono evidenti, pieni, ma non cattivi. E’ tutto il lavoro della vettura a far si che questa R8 riesca a comunicarti le sensazioni al meglio. Ed allora mi ritornano in mente le parole di Dindo Capello, ospite di giornata, che ci parlava proprio di quest’auto: “anche se togli tutti i controlli, la trazione è eccellente, l’equilibrio dinamico uguale. Vedrai, è proprio l’idea alla base che la rende naturale questa macchina”.

Come avevamo visto a Portimao, l’R8 vive di equilibrio si ma si comporta come una posteriore. Ed è pura passione quando senti il posteriore che esce e vuol partire per la tangente. Sono quelli i momenti che regalano quell’accenno di sorriso in più. Sotto la seduta si avverte il controllo, ma anche tra le mani. Alleggerisco leggermente per inserire sulla destra poi si frena decisi scalando in terza.

L’ingresso ancora una volta è un qualcosa di veramente affinato, diretto e preciso. Allargo e in discesa vicino al cordolo metto la quarta. Si arriva alle Acque Minerali. Pinzata all’ultimo inserendola pizzicando il cordolo interno. Bella, potentissima la frenata grazie anche ai dischi freno carboceramici. “Molla non tenere pizzicato. Non stai in moto” ride Max Venturi accanto a me. Via un’altra marcia per la seconda delle Minerali e tutti giù. Imola è un toboga da raccordare si, ma con velocità sostenute.

Ha ingressi, velocità di percorrenza e di uscita abbinate ad una sede stradale stretta e con punti tecnici veramente importanti. Così, ai 100 entro in seconda alla variante alta per poi lanciarmi su uno dei punti che più mi ha sempre impressionato al mondo: la staccata della Rivazza.

La ricordavo dai test sulle due ruote e personalmente, sono state poche le volte che lo stomaco si stringe come quando affronti quella discesa sulla destra quasi cieca, in cui la testa ti dice di tenere giù, ma il piede vorrebbe alleggerire leggermente. Poi quella pendenza degna di una pista nera da sci. Alla Rivazza però non puoi sbagliare, non è consentito.

E’ una di quelle leggi da pista ‘vecchio stampo’, non un tilkodromo moderno. Entro leggermente forzato in seconda, lascio allargare e poi di nuovo dentro per la seconda. Terza e quarta e quinta e sesta e poi ancora settima con i paddle dietro al volante, a cui basta un accenno per cambiare. Linea del traguardo: un’altro giro sta per iniziare..

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