Home FCA a New York: perchè hanno vinto gli americani, ma non ha perso la Fiat

FCA a New York: perchè hanno vinto gli americani, ma non ha perso la Fiat

Mentre in Italia tutti erano preoccupati del destino di fabbriche e tasse, in pochi hanno pensato ai capitali. Vincono gli americani, i consigli degli analisti.

Fiat-Chrysler: è finita, finalmente. Alle 16 (ora di NY) di lunedi 13 ottobre 2014. Fine delle attese, fine delle illazioni e delle ipotesi, dei se e dei ma. Fine degli appuntamenti successivi e delle estenuanti tappe per arrivare al traguardo di Wall Street, dei vecchi e nuovi CDA per cambiare sedi fuori dall’Italia senza futuro, nomi e volti del nuovo Governo, per chiudere infine quei 115 anni di storia della Fiat più volte rievocati negli ultimi tempi. Sono passati 286 giorni dal definitivo annuncio della decisione di fusione fra Fiat e Chrysler, gli ultimi di cinque anni e mezzo di lavoro ciclopico assimilabili a quello per il recupero della Costa Concordia entrambi, nella loro diversità, senza precedenti.

E’ finita, dicevo, e com’era naturale (o inevitabile?) hanno vinto gli americani. Quelli cioè, a cominciare dal presidente Obama, che ci hanno messo l’aiuto pubblico, i soldi e un’azienda importante sia pure uscita da un fallimento. Lo dice l’immediata parafrasi coniata in tempo reale dell’acronimo FCA – Fiat Chrysler Automobiles trasformato in “Finally Crossing Atlantic” ben lontano da quello storico di Fiat “Fix it again Tony”. Per non dire del commento del Wall Street Journal a proposito della quotazione al Nyse, interpretata come “lo spostamento del centro di gravità di FCA verso gli Usa”. Lo stesso Marchionne, stratega e regista di tutta l’operazione avviata oltre cinque anni fa, si è abbandonato come a un sospiro di sollievo con un sincerissimo “per noi è come tornare a casa”.

C’è in quel “ noi” tutta la filosofia dell’italo-canadese Marchionne e dell’ambizioso progetto concepito dopo i primi cinque anni spesi per evitare il peggio alla Fiat. Un’occasione da non perdere in quel “fortunato 2009” che vide il crack di Detroit e il “chapter 11” di GM e Chrysler, proprio mentre Obama si insediava alla Casa Bianca.

Marchionne l’afferrò al volo e fu un vero colpo di scena leggere sulla stampa italiana “Fiat compra la Chrysler” prima ancora che Washington desse l’ok finale ad un acquisto straniero sostanzialmente con denaro pubblico, fornito dalla patria del libero mercato. Oltretutto, allora e anche in seguito il timore americano era che il “loro” denaro sarebbe servito ad alimentare gli italiani, ma Marchionne riuscì a convincerli che non era così. Oggi sappiamo come sono andate le cose, ma sull’onda dell’emozione e del clamoroso rimbalzo, nessuno in Italia avrebbe potuto immaginare che in quel momento iniziava la progressiva e definitiva dismissione dall’Italia dell’azienda simbolo del Paese. In questo senso hanno vinto gli americani anche se non ha perso la Fiat, o meglio la famiglia Agnelli, sistemata oggi in una posizione societaria invidiabile e, almeno per ora, del tutto inattaccabile.

Resta adesso da vedere se l’unica perdente non sarà proprio l’Italia declassata a rango di “filiale” europea e se questa sarà solo una sconfitta morale o anche sociale. Tutto dipenderà dai concreti effetti economico finanziari che il nuovo assetto di FCA e la quotazione alla Borsa di New York potranno offrire ai fini degli investimenti necessari al rilancio della produzione e del lavoro anche da noi. In altri termini non sfugge a nessuno che, per quanto straordinaria sia stata l’operazione di Marchionne, Wall Street rappresenta oggi il completamento della premessa e il punto di partenza reale della sfida. Il primo giorno di contrattazioni, pur simbolico, ha dato solo un segnale prudente anche se non negativo ma la partita è tutta da giocare e gli “arbitri del Nyse non fanno sconti a nessuno.

Intanto i nostri giornali economici hanno tenuto a sottolineare tra i punti di forza l’unicità di FCA come azienda realmente globale, nel comparto automobilistico mondiale, proprio a causa della sua composizione azionaria e delle due anime che la compongono senza una specifica identità di bandiera. Tuttavia, se anche fosse, non è da questo che si misura il successo di mercato in un mondo globale dominato da aziende giapponesi o tedesche o americane come GM e Ford, per produzione e vendite in ogni angolo del pianeta. D’ora in poi, dunque, non saremo più solo noi a giudicare la validità dei piani operativi annunciati ma gli investitori internazionali che convergono, questo sì che è un indiscutibile vantaggio per FCA, su New York. Dove i primi commenti sono quanto meno “riflessivi”.

Il mercato non ha ancora adeguatamente valutato le potenzialità della fusione tra Fiat e Chrysler – dice ad esempio l’analista azionario di Morningstar, Richard Hilgert – in termini di economie di scala, maggiore potere contrattuale nei confronti dei fornitori e di espansione sul mercato americano per i marchi di casa Fiat”. Ma forse il commento più generale e condivisibile resta, dal punto di vista dei “consigli per gli acquisti”, quello che considera comunque “FCA una delle migliori idee di investimento nel comparto auto, a patto che si sia disposti ad accettare i rischi di puntare su una società altamente indebitata, che opera in un settore esposto al ciclo economico e fortemente competitivo come quello dell’automotive”.

Sergio Marchionne suona la campana della Borsa di New York: FCA entra ufficialmente in borsa, ecco i video e le foto.

Sergio Marchionne e John Elkann hanno accompagnato FCA al debutto ufficiale a Wall Street. Il suono della famosa campanella del New York Stock Exchange ha così dato il via ad una nuova era per Fiat Chrysler Automobiles, ora quotata in borsa e sempre più globale. Proprio a sottolineare l’orientamento mondiale del nuovo gruppo, FCA ha esposto a Wall Street tre bandiere fondamentali per Fiat Chrysler Automobile: quella americana, quella italiana e quella brasiliana. Insieme alle tre bandiere il Nyse si è adornato con due grandi striscioni, uno con tutti i marchi nell’orbita di FCA, dalle case automobilistiche alle industrie di componenti, ed un altro con il logo FCA per celebrare la nascita del titolo FCAU.

Davanti al NYSE erano poi esposte anche più di dieci vetture del gruppo, una in rappresentanza di ogni marchio, da Alfa Romeo con la sporiva Alfa 4C, a Fiat con la Fiat 500e, fino ad arrivare a Ferrari, con LaFerrari, passando anche dalle americane come la Dodge Challenger e la Chrysler 200. I modelli del futuro arriveranno, secondo quanto annunciato, già dal prossimo anno, con Marchionne che, per il momento, ha completato una delle operazioni più importanti della sua carriera, e che nei prossimi quattro anni dovrà gestire la strategia del nuovo marchio.


Proprio Sergio Marchionne, con il classico maglione che per lui è ormai da tempo un marchio di fabbrica, e John Elkann hanno così battuto il martello di legno per sancire l’ingresso del titolo FCAU in Borsa. Dopo la prima giornata le azioni FCA hanno chiuso in leggero rialzo, passando da 8.90 a 8.92 dollari, ma il futuro sarà scritto dalle manovre finanziare degli azionisti e dai piani di FCA stessa.