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UE, la Merkel e la CO2: pasticciaccio brutto a Bruxelles

La Merkel e la bocciatura dell’accordo sulla CO2. Cos’è successo il 26 Giugno scorso? Ve lo raccontiamo noi.

CO2: quella riduzione non s’ha da fare. Si è espressa più o meno così, come i Bravi di Don Rodrigo nei Promessi Sposi, Angela Merkel nel corso di una concitata telefonata, mercoledi 26 giugno scorso, al primo ministro irlandese Enda Kenny, presidente di turno dell’Unione Europea. Era una telefonata del tutto inaspettata, molto “fuori ordinanza” e per un motivo tutt’altro che politically correct: doveva essere tolto dall’agenda dei lavori parlamentari il voto sui limiti di Co2 per le auto europee.

Abbiamo ricevuto i documenti troppo tardi – sosteneva la Merkel come si fosse trattato di una novità dell’ultima ora – e non facciamo in tempo a studiarli. Dovete rinviare la votazione all’autunno. Cioè dopo le elezioni tedesche…

Mancavano in quel momento meno di 24 ore al voto finale e si sapeva che non sarebbe stato favorevole all’industria tedesca. Il rinvio era quindi fondamentale per le case automobilistiche, Mercedes, Bmw e Audi in testa, che una Merkel pre elettorale ha sponsorizzato a costo di perdere la faccia a Buxelles e con se stessa. Ironia della sorte, nel passato politico di Angela brilla una lunga militanza ecologista mai rinnegata anche perché segnò l’inizio della sua carriera nei primi anni ’90 proprio come Ministro dell’Ambiente. Ma la politica è l’antitesi della coerenza e le pressioni lobbistiche erano state davvero molto forti: a Berlino si era parlato perfino di un possibile esodo delle aziende automobilistiche tedesche a causa della insostenibilità dei limiti imposti dalla Ue per chi produce grosse e potenti auto di lusso.

Era, naturalmente, una minaccia più che improbabile solo immaginare la chiusura di Stoccarda e di Monaco, ma non è la prima volta che in simili circostanze si usano battute a effetto. Rinviare a ottobre, dunque, com’è in effetti avvenuto, avrebbe dato tempo ai tedeschi di costruire una nuova maggioranza con Paesi più legati alla sfera politico-economica germanica, operando per di più sotto la presidenza Lituana in carica nel secondo semestre. Obiettivo: ribaltare radicalmente i tempi e i contenuti stessi della nuova legge neutralizzando di fatto tutto il lavoro di cinque anni.

Sarà una partita estrema, senza esclusione di colpi, e anche se non è detto che riusciranno a vincerla del tutto, il risultato di certo non sarà a favore della collettività e degli automobilisti europei.

In pochi minuti, subito dopo la telefonata, imbarazzo, stupore e irritazione per l’improprio intervento della cancelliera tedesca (di cui è difficile trovare analoghi precedenti) si sono estesi a tutti i funzionari e gli addetti alle commissioni, occupati nella preparazione della seduta collegiale con i rappresentanti dei 27 Stati membri in programma per l’indomani.

Come affondare l’accordo: la cronaca giorno per giorno

Quel giovedi 27 giugno 2013 sarebbe stato un giorno storico per l’Unione e ancor più per tutti coloro che avevano lavorato con pazienza certosina dal 2008, per mettere a punto il miglior compromesso sul programma progressivo di riduzione delle emissioni di CO2 delle auto vendute in Europa. Passo dopo passo si era arrivati a definire quei limiti che molti consideravano già definitivi, 130 g/km dal 2015, 95 g/km dal 2020, e nell’aprile scorso “il compromesso” era stato finalmente approvato dalla Commissione del Parlamento aggiungendo anche la tappa successiva, 68-78 g/km a partire dal 2025.

Ed eccoci a lunedi 24 giugno: in serata il Consiglio, presieduto da Enda Kenny, ormai agli ultimi giorni del suo mandato semestrale, e il Parlamento europeo compiono l’ultimo atto ufficiale che prelude al voto finale ormai senza più ostacoli, che giovedi 27 avrebbe trasformato in legge il “compromesso” tanto faticosamente conquistato.

Nessuno, 24 ore prima del voto, avrebbe mai potuto immaginare un colpo di scena come la telefonata della Merkel, degno di un grande copione cinematografico dedicato ai giochi di potere.

Scandaloso, antidemocratico e inaccettabile, ricatto e amenità simili sono stati i tanti commenti di politici e diplomatici di ogni bandiera, tedeschi compresi. La convinzione che si tratti di un sopruso inaccettabile spinge le commissioni di vari Paesi, Italia e Francia in prima linea, a ricontare i voti per andare avanti malgrado tutto, ma…

Arriva l’ultimo colpo di teatro, questa volta da Londra e Parigi dove anche David Cameron e Francois Hollande hanno intanto ricevuto una affettuosa telefonata dalla Merkel. Bruxelles, simbolo dell’Unione, deve riconoscere una volta di più chi comanda davvero in Europa.

Chi vince e chi perde

Daimler, Bmw e più blandamente Audi, dunque, non ne vogliono sapere di accettare le limitazioni concordate dal Parlamento europeo di Bruxelles e forse riusciranno a dettare all’Europa le loro condizioni. Per i big di Stoccarda e Monaco 130 g/km dal 2015, e i 95 dal 2020 non sono accettabili, costano troppo. E poco importa se ambientalisti, politici e media criticheranno, contano solo i bilanci e i migliori dividendi anche rispetto a un tema che riguarda la salute di tutti. Niente di diverso insomma rispetto a tanti casi analoghi come, in Italia, quello dell’Ilva.

Per gli altri costruttori, i “generalisti” che vendono modelli meno impegnativi, quelli del “downsizing” , rispettare i limiti è molto più facile ma sotto sotto un rallentamento non dispiace neppure a loro. Unica forte eccezione la Ford: dal quartier generale di Dearborn è partita una fortissima e irritata critica contro la Ue e i suoi ritardi, ricordando che ora si perderà molto altro tempo inutilmente.

Dunque Mercedes e Bmw non si sentono in grado di risolvere il problema o semplicemte non vogliono? Ad ogni presentazione di un nuovo modello di Stoccarda e di Monaco non si sente parlare altro che di ambiziosi e convinti programmi di forti riduzioni nei prossimi anni mentre si esaltano i risultati già ottenuti. Per Mercedes la formula “BlueEfficiency” si accompagna a molti modelli della ricca gamma della stella i cui motori, molto raffinati e potenti secondo tradizione, fanno davvero miracoli in proporzione a se stessi. Ciò nonostante, la media delle emissioni calcolata secondo le regole sull’intera gamma è ancora di 153 g/km a fronte dei 130 programmati a breve. E’ evidente che per quanti progressi potranno ancora fare i maghi di Stoccarda, difficilmente potranno mantenere un distanza accettabile, meno che mai se dovesse valere il limite dei 95 g/km, sia pure nel 2020. Di qui il costoso rischio, anzi la certezza della penalizzazione economica sulle eccedenze di emissioni.

Una scappatoia c’è ma anche questa non basta. E’ la formula di compensazione premio, raggiungibile con le auto elettriche che il regolamento accredita per un valore pari a 1,3 vetture mentre Mercedes (e anche Bmw) vorrebbe un rapporto più vantaggioso di 1 a 3 poiché la vendita di auto elettriche è ancora troppo bassa rispetto a quelle tradizionali e non è prevedibile un incremento sufficiente nelle date previste.

Più o meno gli stessi criteri valgono per Bmw che parte meglio con una base attuale
nell’ordine di 140 g/km ma evidentemente i dirigenti di Monaco considerano ancora troppo alti gli eventuali costi di penalizzazione. La formula dell’Efficient Dynamics viene sbandierata da anni, e la casa è molto attiva nell’organizzare costantemente eventi mirati come il “Greentour” dello scorso anno. Già allora vennero consegnati ai giornalisti molti dati relativi ai progressi ottenuti e agli obiettivi: tra questi un cartellino indicava: nel 2020 Bmw ridurrà le emissioni di un ulteriore 25% rispetto al 2008.

Ma una cosa è la facciata un’altra è la realtà dei bilanci e degli azionisti.

Claudio Nobis


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