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Fiat-Chrysler: tutti i dettagli dell’accordo

L’argomento è di quelli caldi, come dimostra l’attenzione dedicatagli anche dai mezzi d’informazione generalista: a distanza di un giorno dall’ufficializzazione dell’accordo Fiat-Chrysler, torniamo sull’argomento passando agli approfondimenti sui possibili sviluppi di questo nuovo matrimonio appena celebrato dal Lingotto. Partiamo dalla definizione del (pre-)contratto: quella firmata ieri dalle due aziende è una “lettera d’intenti non vincolante

L’argomento è di quelli caldi, come dimostra l’attenzione dedicatagli anche dai mezzi d’informazione generalista: a distanza di un giorno dall’ufficializzazione dell’accordo Fiat-Chrysler, torniamo sull’argomento passando agli approfondimenti sui possibili sviluppi di questo nuovo matrimonio appena celebrato dal Lingotto.

Partiamo dalla definizione del (pre-)contratto: quella firmata ieri dalle due aziende è una “lettera d’intenti non vincolante per la creazione di un’alleanza strategica globale”. Il contratto vero e proprio ci sarà, ma non sarà siglato prima di aprile, quando gli americani avranno ottenuto dal Tesoro l’approvazione del piano di risanamento.

In cosa consiste questa pre-intesa? Fiat fornirà all’azienda americana la licenza di utilizzare piattaforme per produrre auto compatte e relativi motori, trasmissioni e componenti, che Chrysler potrà adattare alle proprie esigenze e produrre nei propri impianti. Chrysler avrà inoltre accesso alla rete di distribuzione Fiat. Cosa ci ricava Chrysler, oltre al prodotto e al servizio in sé? Un enorme taglio dei costi, stimato dal Wall Street Journal in circa 3-4 miliardi di dollari.

E cosa spetta invece a Fiat? Torino entrerà in possesso di una quota iniziale del 35% di Chrysler (esclusa Chrysler Financial), con un’opzione per acquistare un ulteriore 20% dopo dodici mesi pagando -sempre secondo il WSJ- una somma di 25 milioni di dollari, solo a condizione di aver migliorato la situazione del costruttore americano. Dieci anni fa, Daimler AG (in procinto di sbarazzarsi, guarda caso, del 20% ancora nelle sue mani) pagò 36 miliardi di dollari per il 100% di Chrysler.

Sempre secondo il quotidiano, a Fiat potrebbero andare tre dei sette posti nel consiglio d’amministrazione di Chrysler. Il 35% di futura proprietà Fiat sarà costituito da azioni attualmente in mano di Cerberus, mentre il 20% dell’opzione potrebbe essere rilevato proprio da Daimler.

In seconda istanza, al gruppo italiano spetterà la possibilità di usare le fabbriche Chrysler per assemblare i modelli destinati al mercato americano e la rete Chrysler per distribuirli. Montezemolo ha dichiarato a riguardo che “dal punto di vista di Fiat significa vendere tecnologie costate grandi investimenti e accedere a mercati dal grande potenziale, portandovi l’Alfa Romeo e la Fiat 500”. Sergio Marchionne non ha esitato a parlare di “un passo fondamentale nello scenario di un settore in rapido cambiamento che conferma l’impegno e la determinazione di Fiat e Chrysler a ricoprire un ruolo importante in questo processo globale”.

Chrysler è la più piccola delle Big Three ed è inesorabilmente scivolata al quinto posto del mercato USA, dietro le giapponesi Toyota e Honda. La sua grave crisi finanziaria è ormai nota a tutti così come la sua debolezza in quanto a vendite: più delle altre due grandi di Detroit ha visto calare drasticamente le sue immatricolazioni. Molti osservatori di settore dubitano delle sua possibilità di sopravvivenza, nonostante i 4 miliardi ricevuti dal Governo Bush.

Per Torino comunque, l’accordo è a costo zero. Fiat non sosterrà alcun esborso verso Chrysler né ora né in futuro: l’onere di rimettere Chrysler in carreggiata ricadrà completamente sul Governo americano. Tutti gli sforzi finanziari della casa si potranno concentrare sull’investimento necessario a tornare in USA nel 2011.

Grazie a questo pre-accordo, Chrysler può dimostrare a Washington di disporre di un partner credibile e soprattutto delle basi tecniche (piattaforme, motori) per creare finalmente auto più piccole ed economiche. Al decollo del piano mancano solo due elementi: l’intesa con le altre parti in causa -finanziatori, dipendenti, sindacati, concessionari e fornitori- e la seconda tranche (3 miliardi di dollari) di aiuti statali.

Via | IlSole24Ore (Ringraziamo il nostro lettore “a1” per la segnalazione)

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