Scorporo Volkswagen: Porsche potrebbe guidare il polo del lusso

Fra non molto potremmo assistere ad un altro fondamentale tassello di quella complessa e gigantesca operazione avviata nella scorsa primavera che possiamo definire come scorporo Volkswagen. Ad inizio estate la protagonista è stata la divisione mezzi pesanti: Volkswagen Truck&Bus è stata rinominata Traton Group; verrà trasformata in società indipendente e quotata in borsa. Possibilmente ne verrà anche venduta una quota minoritaria. Traton incorpora marchi pesanti in tutti i sensi, come MAN e Scania.

Quando questa operazione sarà terminata, è altamente probabile che un percorso analogo venga compiuto per i marchi automobilistici super-premium. Verrebbe costituito un nuovo polo dell’extra-lusso a cui capo ci sarebbe la Porsche; Zuffenhausen controllerebbe Bentley, Bugatti e Lamborghini, forse anche le moto Ducati, coordinandone l’attività. Attualmente invece è Audi a sovrintendere a questi ultimi due marchi, mentre Bentley e Bugatti sono inserite nei bilanci dell’intero gruppo.

Spin-off Volkswagen: un polo del lusso guidato da Porsche

Diciamo “altamente probabile” perché nulla è stato ancora definito ufficialmente nei dettagli. Ma la strategia generale è chiara, come annunciato in primavera da Herbert Diess pochi giorni dopo la sua nomina a CEO (amministratore delegato) del Gruppo Volkswagen al posto di Mathias Müller. La galassia di Wolfsburg verrà suddivisa in tre grandi aree nelle quali confluiranno i marchi in base alla loro natura; sono stati chiamati “Volume” (i generalisti Volkswagen, Skoda e Seat), “Premium” (Audi) e “Super-Premium” (Porsche, Lamborghini, Bentley, Bugatti). In quale delle ultime due aree possa essere inserita Ducati è ancora oggetto di discussione.

Un ulteriore elemento che sembra confermare l’intero progetto è arrivato in questi giorni da Frank Witter, CFO (direttore finanziario) del Gruppo. Durante un incontro con investitori e analisti finanziari a Londra organizzato dall’emittente televisiva americana Bloomberg, gli è stato chiesto se il Gruppo fosse disposto a vendere azioni delle divisioni di lusso. Non ha risposto negativamente, sebbene abbia rimarcato che per il momento la priorità è all’operazione sui veicoli commerciali.

Spin-off e scorporo Volkswagen: cosa significa

La stessa azienda può avere un valore di mercato molto diverso a seconda che sia inserita in un grande gruppo oppure ne venga separata. Sono i misteri della finanza. E’ una strategia consolidata da parte delle imprese di dimensione multinazionale: quando un marchio ha le potenzialità per creare un valore superiore, in termini di prezzo delle azioni (l’elemento più importante per gli investitori), di solito i vertici decidono di separare formalmente la società dal resto del gruppo. Creare cioè un soggetto giuridico del tutto indipendente con una sua autonoma struttura manageriale, operativa e finanziaria. Tale soggetto viene quindi quotato in borsa e una parte delle azioni viene venduta sul mercato tramite una IPO, termine tecnico che significa Initial Public Offering, offerta pubblica iniziale. Di conseguenza si allarga la base degli investitori.

E’ questo il significato del termine tecnico inglese “spin-off“, in italiano scorporo. La nuova società resterebbe controllata dalla casa madre solo dal punto di vista del capitale, nel senso che le azioni apparterrebbero sempre a chi controlla il resto del gruppo. Ciò può essere effettuato in molti modi diversi, ma qui entriamo nel campo della finanza pura che non è ciò che ci riguarda in questa sede. In altre situazioni si crea uno spin-off per vendere l’azienda che viene separata, ma nemmeno questo è il caso in questione.

Perché non si usa lo scorporo per qualsiasi società di qualsiasi gruppo? Naturalmente perché deve avere un senso. L’azienda da scorporare deve possedere un effettivo potenziale di creazione del valore; deve insomma essere in grado di fare un sacco di soldi: attraverso l’importanza storica del marchio, le competenze tecnologiche, la capacità di fabbricare prodotti esclusivi che possano generare profitti elevati.

Essere un soggetto quotato in borsa in modo indipendente permetterebbe di raccogliere direttamente più capitali, i quali verrebbero notevolmente moltiplicati in caso di forti profitti dall’attività, grazie all’incremento della quotazione sul listino dovuto all’aumento degli acquisti di azioni da parte del mercato. L’esempio automobilistico più recente è il caso dello scorporo di Ferrari dal Gruppo Fiat-Chrysler del 2014, il quale ha permesso di far salire alle stelle in brevissimo tempo la quotazione del Cavallino. Una valanga di denaro in più, generato proprio dalla separazione. Più denaro significa maggiori investimenti, possibile aumento dell’occupazione, maggiori entrate fiscali, eccetera.

Polo del lusso Porsche: gigante da 120 miliardi

Perché è così importante questa operazione per la galassia il cui cuore si trova a Wolfsburg? Perché, come spiegato sopra, porterebbe un diluvio di denaro. Facendo ancora il confronto con lo spin-off della Ferrari, oggi la capitalizzazione (cioè il valore complessivo delle azioni) dell’azienda di Maranello ammonta a circa 21,9 miliardi di euro alla Borsa di Milano e di circa 25,33 miliardi di dollari (21,78 miliardi di euro) a quella di New York. Invece una società Porsche con Lamborghini-Bentley-Bugatti, secondo le analisi di Bloomberg, potrebbe valere circa 120 miliardi di euro: quasi sei volte il valore di Ferrari. Ma anche il confronto con la casa madre è micidiale. Infatti attualmente l’intero Gruppo Volkswagen ha una capitalizzazione di circa 67 miliardi di euro: quasi la metà del potenziale di Porsche-Lambo-Bentley-Bugatti. Chiaro perché si procederà con questa operazione?

Se i 120 miliardi non dovessero impressionarvi abbastanza, guardiamo al numero di auto e moto vendute. Nel primo semestre 2018 le consegne dei marchi premium del gruppo sono state le seguenti: Audi 949.282 unità (+4,5%), Bentley 4.430 (-15,4%), Lamborghini 2.327 (+11,3%), Porsche 130.600 (+3,2%), Bugatti 34 (+74%), Ducati 32.250 moto (-7,5%). In totale fa 989.629 veicoli di lusso venduti in sei mesi. Siamo a poco meno di 2 milioni all’anno. Devastante.

Tuttavia i soldi non si moltiplicheranno per magia. Vanno compiuti importanti passi industriali. E qui entra in gioco soprattutto il grande patrimonio tecnologico della Porsche, in particolare nel campo dell’elettrificazione. Volenti o nolenti, tutti i costruttori del mondo dovranno iniettare tanta corrente nelle loro auto per adeguarsi alle normative sulle emissioni sempre più rigide che colpiranno nei prossimi anni i principali mercati. Nemmeno le supercar o le hypercar potranno farne a meno. La casa di Stoccarda è molto avanti in questo campo, mentre le altre tre marche sono praticamente ancora all’anno zero. Quindi il trasferimento tecnologico diretto e lo sviluppo congiunto di architetture comuni per vetture di altissime prestazioni adatte ad ospitare motori di tipo diverso (tradizionali, ibridi o elettrici) permetterà di diminuire l’impatto di costi intrinsecamente molto elevati.

Lamborghini, Bugatti, Bentley e Audi: il futuro dovrà essere elettrico

Lamborghini oggi si trova in fase avanzata nello sviluppo delle eredi di Aventador e Huracàn, i cui motori V12 e V10 resteranno aspirati secondo tradizione ma riceveranno un importante boost elettrico. Tuttavia i piani strategici a lungo termine dovranno prevedere qualche forma di sinergia con Porsche. Per Bentley, che già oggi riceve importanti componenti dalla Panamera e condivide l’architettura SUV del gruppo, si dovrà intervenire in modo massiccio per riportare il marchio alla redditività, soprattutto in chiave futura. Nei primi 6 mesi del 2018 il brand di Crewe ha chiuso in perdita di 80 milioni di euro, contro un utile di 13 milioni dello stesso periodo 2017.

Per quanto riguarda Bugatti, la Chiron ha sanato le ferite finanziarie provocate dalla Veyron che, per quanto fantastica tecnicamente, è stata un bagno di sangue economico. Ora i profitti sono tornati e la decisione di produrre versioni speciali come la Divo non mancheranno di arricchire ulteriormente le casse del marchio francese. Ma il futuro resta un’incognita, perché la casa non ha esperienza in materia di elettrificazione. Per cui le condivisioni con Porsche (che tra l’altro ha recentemente investito nella specialista Rimac) le permetteranno di affrontare la concorrenza sempre più agguerrita e sempre più elettrica nel settore delle hypercar.

E Audi? Il marchio di Ingolstadt insieme a Porsche produce la maggior parte degli utili per l’intero gruppo. E non è certo indietro in maniera di elettrificazione; dopo l’imminente SUV e-tron vedremo in rapida successione diversi modelli con varie gradazioni di spine e batterie. I conti del primo semestre 2018 (che comprendono Lamborghini e Ducati) vedono un utile netto in aumento: 2,38 miliardi contro 2,06.

Il problema per Audi è legato soprattutto ad una concorrenza che definire feroce è poco. In particolare i rivali storici tedeschi stanno investendo fortissimo nelle tecnologie future; ma nemmeno gli altri stanno a guardare: britannici con capitali indiani, svedesi con capitali cinesi, in attesa di vedere le prossime mosse di americani e italo-americani, un po’ in ritardo ma mai da sottovalutare. E chissà i giapponesi cosa potrebbero escogitare. E i cinesi, pieni di soldi, possessori del mercato più grande del mondo e padroni delle principali materie prime legate all’auto elettrica? Quindi la trasformazione di Audi necessita di una maggiore efficienza industriale e organizzativa. Una separazione potrebbe portare benefici comuni.